Siamo felici di ospitare sul nostro sito gli spunti di riflessione sul cammino di Conversione della nostra Santa Patrona, che le Sorelle Clarisse di Cortona hanno accettato di scrivere, non solo per noi Araldi, ma per tutti coloro che hanno voglia di ascoltare quello che S. Margherita dice ancora oggi hai nostri cuori.
Le Clarisse ci guideranno in un cammino con le varie tappe e momenti fondamentali vissuti da Margherita da Laviano verso quella conversione che la farà divenire la LUCE del colle di Cortona.
Grazie alle Sorelle Clarisse e a tutti coloro che dedicheranno ai loro scritti, qualche prezioso momento del loro tempo .
Che S. Margherita ci benedica e ci protegga.
Il cammino di conversione di Margherita
Il primo passo
Settecentocinquanta anni fa, Margherita intraprendeva un cammino di conversione deciso e orientato. Che cosa significa?
Quando ci convertiamo, operiamo uno spostamento di direzione dello sguardo, e di conseguenza delle scelte, verso un diverso punto focale; la mentalità, la nostra visione delle cose cambia; andiamo oltre il già conosciuto, oltre il già sperimentato. Sono diverse le sfaccettature che la realtà ‘conversione’ presenta e di cui il termine è portatore. Quando consideriamo la conversione di qualcuno – ma anche la nostra stessa conversione – ci rendiamo conto che tutti questi significati sono compresenti, in una misura o in un’altra.
È possibile riconoscere questo nella vicenda di Margherita, giustamente considerata come uno specchio per il nostro personale cammino di conversione?
Proviamo ad entrare in dialogo con lei, attraverso le sintetiche espressioni che fra Giunta ha raccolto nella Leggenda a proposito dei primi passi mossi da Margherita in quei mesi del 1272.
“Mentre pregava, [Margherita] udì la voce del Signore che parlava e rievocava – ed il ricordo per lei era gradito – il maturarsi della sua vocazione. Si trattava evidentemente delle tappe della sua vita precedente verso la meta attuale; pressappoco in quest’ordine:
«Ricorda, o poverella – diceva il Signore -, tutte le molteplici grazie che ti concessi e con le quali illuminai la tua mente perché tu ritornassi a me.
Ricorda che, dopo la morte di colui che era di ostacolo alla tua salvezza, tu tornasti da tuo padre, a Laviano: eri oppressa dal dolore e ti scioglievi in lacrime, eri distrutta nell’aspetto, vestita di nero ed in stato di confusione” (Leggenda cap. 1).
Aiutaci a comprendere, Margherita: perché fra Giunta dice che la tua vocazione, la tua conversione è maturata? Non è piuttosto accaduta in un momento?
Prima di tutto, vi ringrazio di aver messo accanto i due termini vocazione e conversione. La conversione è sempre una chiamata e non c’è chiamata che non comporti una conversione.
Accaduta in un momento? Eh, sarebbe stato più semplice, per me ma anche per ciascuno di voi, se fosse accaduto tutto in un momento, se avessi semplicemente voltato la pagina e cominciato a scrivere con una penna di diverso colore. No: anche nella mia conversione c’è stato uno sviluppo, un progresso. C’è voluto del tempo. E il tempo, quando lo viviamo con intensità, coinvolge interiormente e il suo scorrere può essere molto penoso… Ci vuole pazienza, ci vuole disponibilità a durare, a perseverare. In realtà, così è l’intera esistenza, perché la conversione non è questione di una scelta fatta una volta per sempre. È piuttosto un modo di vivere, è il quotidiano ricercare ciò che piace a Dio: guardiamo lui e in lui andiamo oltre ciò che fino a quel momento abbiamo compreso. La conversione è un percorso che va in profondità.
Vuoi dire che non ci si converte ‘totalmente e subito’?
Direi di no, salvo eccezioni. Ed è un bene, perché veniamo liberati dalla pretesa di essere noi tanto bravi da aderire perfettamente al Vangelo, e liberati dalla frustrazione inevitabile di non riuscirci… Il cammino della conversione è, appunto, un cammino: si muove un passo dopo l’altro, un passo cadenzato. Altrimenti, potrebbero venirvi dei pensieri fuorvianti, ingannevoli: per esempio, potreste pensare che i santi – pur molto amati e ammirati, come sono io a Cortona, e in tanti luoghi del mondo – tra gli inarrivabili campioni della santità, che – beati loro! – sono riusciti là dove voi vi sentite destinati a fallire. No! Sarebbe triste anche la vostra devozione verso di loro. Fra Giunta ha capito bene: la conversione è frutto di una maturazione, conosce perciò diverse stagioni e la necessità di ‘cadere e rialzarci’ con senso di gratitudine per la nuova opportunità ricevuta e la maggiore sapienza che l’esperienza fatta offre.
È per questo che guardare alle tappe percorse e superate ti dava gioia?
Oh sì! Come posso dirvi quanto sia bello sentir raccontare le vicende della propria storia dal punto di vista di Dio, cioè della Verità, della trasparenza, senza quei filtri non troppo puliti che sono le personali precomprensioni, gli interessi meschini, le ferite ancora doloranti che condizionano una lettura serena e costruttiva del passato! Il Signore mi ha fatto comprendere che nulla della mia esistenza era andato perduto, ma tutto – lo dice anche san Paolo in una sua lettera – aveva concorso al bene perché io ricercavo l’amore, l’amore senza misura, l’amore stesso di Dio.
Come mai quell’invito ripetuto tante volte dal Signore perché tu ricordassi…
Ricordare è molto importante. Fate attenzione voi, che vivete in un tempo, in cui sembra che si provi gusto a cancellare o distorcere la memoria… È pericoloso. La memoria però va purificata, perché risplenda e rifletta l’opera dello Spirito Santo, perché sia uno spazio di eternità.
Che cosa vuoi dire?
Ciò che Dio ricorda è redento ed è per sempre. Rimane nella sua eterna memoria. Essere ricordati da Dio è vivere. Noi, ricordando con cuore grato, partecipiamo a questa eterna memoria di Dio.
Pensate al popolo ebraico liberato dalla schiavitù egiziana: fa un cammino, vive esperienze di tanti tipi. E poi Dio lo invita a ricordare. C’è un libro della Bibbia, quello del Deuteronomio, i cui primi capitoli sono una memoria dettagliata di quanto ha vissuto: il ricordo è la base su cui viene appoggiata la risposta del popolo all’alleanza offerta da Dio, che in tutti quegli eventi si è mostrato fedele. E alla fine, l’invito a ricordare è quasi un ritornello, come nel primo capitolo della Leggenda scritta da fra Giunta! Ricordare vuol dire riportare al cuore, considerato sede della memoria dagli antichi, e quindi divenire consapevoli e perciò responsabili del vissuto che interpella il presente, con le scelte che siamo chiamati a compiere oggi.
A volte, però, ricordare è penoso: quanti sensi di colpa, quante frustrazioni, o cose che non avremmo voluto fare o dire…
La memoria va purificata. Durante il Giubileo del 2000, Giovanni Paolo II aiutò l’intera Chiesa a purificare la memoria e anche papa Francesco non perde occasione per questo salutare gesto di liberazione dal male e di accoglienza della salvezza, lasciando andare tutto quello che non serve, che impiccia il cammino senza portare frutto, tenendoci incollati a un passato che non c’è più, che è, appunto, passato.
Io fui aiutata dal Signore stesso che, come ben riferisce fra Giunta, rievocò le diverse tappe iniziali del mio percorso di conversione.
Il primo ricordo che ti suggerì fu la morte di Arsenio. Ma davvero, Margherita, tu lo consideravi nemico della tua anima quando cominciasti a vivere da penitente qui a Cortona?
So che quest’espressione suona male ai vostri orecchi… Proviamo ad intenderci. Arsenio e io abbiamo vissuto una relazione di vero amore, ma eravamo in gabbia. L’amore non ci faceva spiccare il volo del dono di sé, come ogni amore autentico, perché eravamo imbrigliati in convenienze sociali pesanti, in condizionamenti e, diciamolo pure, nella nostra immaturità e ingenuità, almeno da parte mia. Poi le cose sono andate come sappiamo.
La sofferenza per la morte di Arsenio è stata indicibile. Mi sono sporta sull’abisso della disperazione.
Non cancello dalla mia biografia di ‘santa’ quei nove anni a Montepulciano, assolutamente! Adesso posso dire che nell’amore per Dio e per gli altri, che sempre più è cresciuto in me, c’era anche la traccia dell’amore che avevo sperimentato con Arsenio e con nostro figlio. Non si ama con più cuori, ma con l’unico cuore che abbiamo!
E la purificazione a cui accennavi?
Nella preghiera prolungata e nel servizio ai poveri, ai malati, alle donne partorienti, alle famiglie in conflitto, ho cercato di donarmi senza risparmio, ponendo al centro del mio interesse l’Altro e ogni altro. E così il mio amore giovanile si è purificato, è maturato, ha ricevuto una forma e una qualità ben più consistenti, durature, generanti. Per Arsenio, la purificazione dell’amore è avvenuta nell’attimo tragico del suo assassinio. Solo Dio sa come. Ma io credo che ci sia stata anche per lui.
Per prima cosa il Signore ti invitò a ricordare le grazie che ti dette affinché tu tornassi a lui.
Sì, nessuno potrebbe muovere un passo se non ne ricevesse la grazia da Dio. E Dio la dona, la dona a tutti, la dona con abbondanza! È proprio vero, potete credermi. Vorrei che tutti potessero rendersene conto. Non mi stancherò mai di ripeterlo. Voi lo sapete: è il messaggio che vi comunico ogni volta che salite al santuario. Ma che dico? Ogni volta che mi pensate e vi rivolgete a me perché interceda per voi presso il Signore nostro Gesù Cristo, il Figlio del Padre. Non dubitate mai: la grazia di Dio ci precede sempre. Sempre! Ed è donata a tutti.
Il secondo ricordo a cui ti invitò il Signore fu l’incontro con tuo padre a Laviano.
Un altro passaggio molto forte, un’altra tappa del cammino, talmente decisiva che vale la pena di parlarne con calma, magari in un prossimo momento di incontro tra noi!
Le Sorelle Clarisse di Cortona